Giorgione (Giorgio Gasparini, Castelfranco Veneto 1478 - Venezia 1511)



Madonna con il Bambino, un santo in armi e san Francesco (1500 circa)
Olio su tavola, 200x152 cm
Castelfranco Veneto, Duomo

Tale dipinto rappresenta l'unica pala d'altare di Giorgione e una delle poche opere di sicura attribuzione che costituisce il suo esiguo catalogo. Essa venne realizzata su commissione di Tuzio Costanzo, ammiraglio e vicerè di Cipro che aveva seguito la deposta regina dell'isola Caterina Cornaro in esilio ad Asolo, la quale diede vita ad una delle più raffinate corti del Rinascimento ospitandovi letterati e artisti. La pala fu commissionata per la cappella funeraria di famiglia che era ubicata nel primo altare laterale destro dell'antico duomo di Castelfranco, demolito in epoca settecentesca e ricostruito nella forma attuale. L'identificazione del santo in armi sulla sinistra è stato variamente identificato come San Giorgio, a cui la cappella era dedicata, a San Liberale, patrono del Duomo o a San Nicasio, santo guerriero molto venerato, assieme a San Francesco, a Messina città d'origine della famiglia Costanzo. La datazione dell'opera è stata a lungo dibattuta dagli studiosi tra chi la collocava al 1500 circa, anno in cui Tuzio Costanzo dovette ottenere la concessione della cappella e il 1504, anno che si legge nella commemorazione del defunto figlio di Tuzio, Matteo Costanzo, scolpita sulla lastra tombale che ancora si conserva e originariamente posta sul pavimento ai piedi dell'altare. Molti elementi compositivi dell'opera sembrano alludere alla morte prematura del giovane che aveva intrapreso, come il padre, la carriera militare. Il blocco inferiore del trono dove campeggia lo stemma della famiglia committente sembra si possa identificare come un sarcofago di porfido e quindi allusivo alla sepoltura del figlio che avvenne in tale cappella. La figura del santo in armi potrebbe allora fare riferimento al giovane Matteo, come si può forse ricavare da alcuni indizi. Si tratterebbe non tanto di un ritratto, quanto di una figura che ne richiami la memoria nel viso giovane e nel bell'aspetto che gli veniva attribuito, nella lunga asta con la punta di ferro e il vessillo appeso che potrebbe riferirsi ai cinquanta soldati armati di lancia da lui comandati, come viene ricordato in epoca settecentesca. Tale figura inoltre, rispetto a quella più convenzionale di San Francesco derivata probabilmente dall'omonimo santo di Giovanni Bellini nella Pala di San Giobbe (Gallerie dell'Accademia, Venezia), instaura con l'osservatore un rapporto diretto attraverso lo sguardo, oltrepassando con il piede quella sorta di piccolo gradino, di soglia che divide ulteriormente lo spazio del fedele da quello del sepolcro. Dalle cronache del tempo però sembra si possa inferire che Matteo morì a Ravenna per il contagio di un morbo (forse di peste) nella primavera del 1499 durante l'impresa militare di Casentino svoltasi tra l'ottobre 1498 e l'aprile 1499. La data dell'agosto 1504 scolpita nella lastra commemorativa farebbe quindi riferimento non alla morte del giovane, le cui spoglie furono evidentemente traslate nella cappella di famiglia solo in un secondo tempo, ma al momento in cui tale lastra fu realizzata. La pala quindi poteva già alludere al triste evento se venne richiesta da Tuzio per decorare l'altare della cappella che egli aveva ottenuto per sé e la sua famiglia. La figura della Vergine dall'ampio panneggio assisa sul trono decorato di stoffe preziosamente ricamate si rifà a modelli della pittura del nord Europa, particolarmente all'arte di Hans Memling. Al di là di essa si apre un sereno paesaggio che bene si adatta al complessivo tono di lieve mestizia che caratterizza le figure che per la prima volta, nel genere della pala d'altare in forma di sacra conversazione, non sono inserite all'interno di una struttura architettonica. Il dipinto fu sottoposto nei secoli ad alcuni interventi di restauro, il più consistente dei quali ad opera del pittore seicentesco Pietro Muttoni detto della Vecchia proprio per la sua capacità di imitare lo stile degli antichi maestri, e in particolare quello di Giorgione di cui aveva anche realizzato dei falsi. La metà destra del bel volto di San Giorgio è infatti una sua ridipintura sull'originale, che si è potuta individuare con esattezza solo attraverso le indagini radiografiche.



Visualizzazione ingrandita della mappa